Radici del cacao: Il viaggio dello xocoatl dal Messico all’Italia
- Eduardo Montoya
- 2 giorni fa
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Nei mercati del Messico preispanico, il cacao era molto più di un frutto, era un’offerta, una moneta e una porta verso il mondo degli dèi. Gli antichi mexica lo macinavano sul metate, lo mescolavano con acqua, peperoncino e vaniglia, e lo sbattevano fino a ottenere una schiuma densa che chiamavano “xocoatl”. acqua amara in nahuatl. Quella bevanda, destinata a nobili e guerrieri, aveva un sapore profondo e terroso. La sua preparazione era cerimoniale, poiché veniva offerta agli dèi come simbolo di fertilità e abbondanza, e i suoi semi fungevano da unità di scambio nei mercati, dove potevano essere utilizzati per pagare dalla frutta fino agli schiavi. Nei codici, lo xocoatl appare associato al potere e alla divinità, riservato a chi meritava onore o protezione spirituale. I Maya, da parte loro, lo bevevano in rituali matrimoniali e funebri, convinti che il cacao rappresentasse il dio del commercio e del cacao, Ek Chuah.

Dopo la conquista, gli spagnoli portarono con sé i semi e la ricetta. Nei saloni di corte, lo xocoatl fu accolto con curiosità, il suo amaro venne addolcito con zucchero, la sua temperatura resa più mite e, poco a poco, il cacao trovò un nuovo linguaggio in Europa. Da Siviglia e Madrid, la bevanda attraversò le frontiere fino a raggiungere la Francia e l’Italia, dove assunse il carattere proprio di ogni regione.

In Italia, il cacao entrò dal nord, attraverso il Piemonte. A Torino, gli artigiani cominciarono a trasformarlo in una bevanda densa e profumata, preparata con una dedizione quasi alchemica. I chicchi venivano tostati, macinati con precisione e mescolati con latte caldo fino a ottenere una consistenza setosa. Nei caffè piemontesi, il cioccolato divenne un pretesto per la conversazione e il riposo, un piccolo rituale sociale che presto conquistò il resto del Paese. Col tempo, il gusto italiano aggiunse nuove sfumature; cannella, vaniglia e persino nocciole tostate, dando origine al gianduja, una creazione destinata a diventare simbolo della regione. A Venezia, i caffè offrivano cioccolata calda ai viaggiatori che arrivavano dall’Adriatico; a Firenze, i Medici la servivano nei banchetti diplomatici; e a Roma, alcuni conventi la preparavano durante la Quaresima, considerandola una bevanda che confortava lo spirito senza infrangere l’astinenza.

Così, l’antico xocoatl messicano trovò in Italia una nuova vita, cambiò forma, sapore e nome, ma conservò in ogni tazza la memoria del suo viaggio dalle terre del mais fino al cuore dell’Europa.









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